Luglio 5, 2024

L’erpetofauna è in pericolo, cosa la minaccia?

Consapevolezza: una bellissima parola. La consapevolezza non è semplicemente l’essere informati, il puro sapere; la consapevolezza è una condizione di comprensione profonda. Essere consapevoli significa poter operare nella vita di tutti i giorni delle scelte di cui conosciamo le conseguenze.
Come si collega all’erpetofauna? C’entra eccome! Da buoni appassionati di questi animali non possiamo apprezzarli solamente quando sono nei nostri terrari, bensì dobbiamo conoscerne la vita in natura prima di tutto, e questo significa anche essere al corrente di tutte le problematiche che colpiscono le popolazioni naturali, di cui probabilmente un po’ siamo responsabili, senza esserne consapevoli.

Il 41% degli anfibi ed il 19% dei rettili sono a serio rischio di estinzione e potrebbero scomparire dalla faccia della terra entro la fine di questo secolo. Già in soli dieci anni potremmo perdere le specie il cui status di conservazione è più critico.

Questo è davvero un grosso problema, prima di tutto perché stiamo perdendo le meraviglie di questo pianeta, poi perché stiamo perdendo biodiversità, e biodiversità fa rima con la salute degli ecosistemi ed in finale anche la nostra. Il peggio è che se ne stanno andando proprio le specie che hanno le funzioni ecologiche più importanti.

Ad esempio gli anfibi sono definiti “keystone species” (specie chiave di volta): significa che ricoprono un ruolo chiave all’interno degli ecosistemi e che la loro sopravvivenza è indispensabile per quella di molte altre specie, in quanto aiutano a mantenere in equilibrio l’intero sistema naturale.

Sono inoltre “sentinel species”: data la loro particolare sensibilità ai cambiamenti ambientali fungono da importanti bioindicatori. Infatti la loro presenza ed abbondanza è indice della buona salute di un ecosistema.

Perché rettili e anfibi, come molti altri animali, sono in declino?
A questo punto dobbiamo metterci tutti una mano sulla coscienza. Tutti noi contribuiamo al degrado del pianeta e delle sue specie, ed è proprio per questo che è importante prendere consapevolezza.

Le principali cause

Alterazione e perdita di habitat

Finché Homo sapiens sapiens si limitava a dipingere sulle pareti delle caverne andava tutto bene. Poi ha cominciato a radere al suolo intere aree naturali e ad operare profonde trasformazioni del territorio effettuando quella che viene chiamata “frammentazione”, lasciando solo piccoli frammenti di habitat naturali in mezzo ad un mare di cemento. Le specie animali si trovano inermi di fronte alla sottrazione del proprio ambiente, alla riduzione delle risorse necessarie alla loro sopravvivenza e all’aumentare di pressioni come predazione, competizione e parassitismo; inoltre, a causa della frammentazione, le popolazioni vengono suddivise in piccole sottopopolazioni isolate, con scarsa variabilità genetica e il conseguente rischio di estinzione locale.

Specie invasive

Gli alieni sono tra noi. Non sono degli omini con la testa grande e gli occhi verdi, non assomigliano per niente a E.T., anzi, possono essere carini e coccolosi e forse è proprio questa la loro arma letale. Le specie aliene sono specie animali o vegetali che vengono portate dall’uomo (intenzionalmente o accidentalmente) al di fuori del loro naturale areale di distribuzione, trovandosi così in un nuovo ambiente, completamente diverso da quello originario. Capita che il nuovo ambiente sia particolarmente accogliente, con risorse facilmente accessibili e privo di predatori naturali, ciò permette alla specie alloctona di insediarsi creando popolazioni stabili in terra straniera. Capita anche che queste specie siano molto competitive e magari anche portatrici sane di qualche malattia; in questo modo le specie aliene si trasformano in specie invasive che possono creare gravi danni agli ecosistemi e decimare le popolazioni autoctone.

Nell’ultimo rapporto della IUCN sulle specie invasive viene sottolineato che, nonostante ci siano a livello mondiale numerose azioni di controllo degli invasivi in atto, il fenomeno è ben lontano dal ridursi, anzi sembra non avere nemmeno un punto di saturazione.

Procambarus clarkii in atteggiamento difensivo

Cambiamento climatico

Non si tratta solo di “global warming”, di surriscaldamento globale, si tratta di anomalie nell’intero sistema climatico. Significa disequilibrio negli ecosistemi, instabilità dei cicli biogeochimici, irregolarità delle precipitazioni, incremento nel numero e nell’intensità delle catastrofi ambientali, aumento dell’acidità degli oceani e con essa delle piogge acide corrosive.

Significa ulteriore distruzione degli habitat, perdita di importanti microhabitat, rapida estinzione di specie stenoecie, danni ai cicli riproduttivi e migratori delle specie animali ecc… .

Sembra però che qualcuno non creda a questo processo, quindi se avete bisogno di qualche evidenza in più di ciò che sta accadendo vi consiglio di dare un occhio al sito della NASA sui cambiamenti climatici.

Impatto dell’urbanizzazione sulle foreste della Bolivia per esempio (dal sito della NASA)

Questi cambiamenti sono una reale minaccia a causa della complessità dei sistemi viventi. La biodiversità sulla Terra è determinata dalle interazioni che ci sono tra gli organismi e l’ambiente. Il clima ha plasmato quelli che sono i diversi ecosistemi e ha determinato la distribuzione e l’abbondanza delle specie nella biosfera, un sistema in cui tutto è strettamente connesso; accade così che qualsiasi cambiamento ad un comparto di questo sistema naturale si ripercuote su un altro, come il ben più poetico battito d’ali di una farfalla che può provocare un tornado dall’altra parte del mondo.

Il cambiamento climatico è di per sé qualcosa di assolutamente normale, il clima è in continua evoluzione e con esso gli esseri viventi. Il problema è il cambiamento climatico antropogenico, quello che le attività umane stanno causando, un processo non solo innaturale, ma soprattutto eccessivamente rapido che non consente alle forme viventi di avere il tempo di evolversi ed adattarsi, ma le spinge all’irrimediabile estinzione.

Inquinamento

Le attività umane rilasciano continuamente sostanze nell’ambiente che si accumulano nell’aria, nel suolo e nelle acque. Molto di quelle nocive su esseri viventi ed in particolare l’erpetofauna. Stiamo parlando di sostanze come pesticidi, fertilizzanti, metalli pesanti, prodotti di raffinerie, particolati e polveri sottili, agenti chimici di vario tipo rilasciati dalle più svariate industrie ma anche dagli scarichi urbani.

Gli inquinanti sono una delle più gravi minacce per la batracofauna. Ciò è dovuto alle caratteristiche più distintive degli anfibi, che li rendono unici nel loro genere ma allo stesso tempo così vulnerabili. Essendo strettamente legati sia all’ambiente acquatico che a quello terrestre sono esposti agli inquinanti presenti in entrambi i comparti; a questo si aggiunge l’altra caratteristica tipica degli anfibi: la loro cute estremamente delicata. Nella maggior parte degli animali la cute funge da barriera, da protezione dall’ambiente esterno, limitando il passaggio di sostanze attraverso essa. Negli anfibi è esattamente il contrario, la loro cute è invece appositamente costruita perché possano avvenire degli scambi, per questo motivo è molto sottile ed altamente vascolarizzata. Purtroppo, come passa facilmente l’ossigeno per permettere la respirazione cutanea, riescono a passare anche sostanze nocive che finiscono direttamente nel flusso sanguigno, provocando severe intossicazioni.

Questi inquinanti, una volta nell’organismo, causano alterazioni nell’attività di enzimi metabolici, disequilibrano il sistema osmotico, arrecano danni a livello del sistema nervoso e al DNA, i cui sintomi possono essere: malformazioni, anomalie motorie, alterata ontogenesi, mancato o ritardato sviluppo degli embrioni, riduzione della massa corporea, debilitazione, carcinogenesi ed anche morte.

Malattie

Malattie che siano virali, batteriche o fungine sono state identificate come una delle principali minacce che hanno portato sull’orlo dell’estinzione molte specie animali. Anche in questo caso gli anfibi sono quelli che hanno avuto la peggio.

Funghi

Uno dei colpevoli è Batrachochytrium dendrobatidis, un fungo patogeno che attacca gli anfibi anuri e che ha causato effetti devastanti: la chitridiomicosi è stata considerata la peggiore malattia infettiva mai registrata tra i vertebrati per numero di specie colpite, ha portato al declino intere popolazioni di anfibi nel giro di poche settimane, tanto che sono stati aperti progetti di conservazione a livello mondiale unicamente per contrastare questo fungo. Inaspettatamente è poi arrivato anche suo cugino, il Batrachochytrium salamandrivorans che invece ha preferenza per gli anfibi urodeli e ha lasciato il segno in Europa in specie come Salamandra salamandra. Entrambi causano lesioni cutanee, iperplasia ed ipercheratosi. Letali per gli anfibi. Considerando che la cute degli anfibi svolge funzioni vitali come la respirazione, l’idratazione e l’assorbimento di elettroliti, è esattamente come se venissero colpiti ad un organo vitale come cuore o polmoni.

Sp. affette da Batrachochytrium dendrobatidis

Virus

Meno famosi sono i virus, nonostante numericamente non abbiano eguali. Il problema dei virus è che evolvono molto in fretta e si formano nuovi ceppi sempre più aggressivi. Recentemente è stato scoperto in Portogallo un nuovo ceppo di Ranavirus ipervirulento che in breve tempo ha già registrato alti tassi di mortalità in diverse specie di anfibi. Ciò che più preoccupa è la non specie-specificità dei Ranavirus, in grado di infettare rettili e pesci, elemento che gli conferisce un alta trasmissività a livello globale.

Diffusione del Ranavirus

Queste malattie spesso portano ad altissimi tassi di mortalità all’interno delle popolazioni, non tanto per una letalità intrinseca del patogeno, bensì perché colpiscono più facilmente individui che sono già debilitati. I molteplici disturbi all’ambiente e le pressioni antropiche pongono gli organismi sotto stress, per reagire devono utilizzare moltissima energia, tanto che poi non ne hanno più per combattere ulteriori minacce. Le popolazioni si trovano a subire impatti multipli che agiscono in sinergia quasi come a collaborare per decimarle. Insomma come se la distruzione del loro habitat, la competizione con specie aliene invasive e l’inquinamento non bastassero, arriva anche una malattia contagiosa.

Prelievo

Ultimo ma non ultimo: il sovrasfruttamento delle popolazioni naturali. Ho lasciato alla fine questo argomento, non perché non sia importante, tutto il contrario, piuttosto perché è un tasto dolente per la terraristica e so anche che peccherò di ipocrisia nelle prossime righe, ma fa parte della presa di consapevolezza.

Per alcune specie animali la principale causa di declino è il loro commercio. Già. Perché ancora oggi, nonostante riusciamo a riprodurre in cattività moltissime specie di rettili e anfibi, continua un prelievo smisurato e scriteriato di esemplari che vengono tolti per sempre dal loro habitat naturale. Sì, perché non siamo in grado di porci dei limiti, il limite di sfruttamento di una risorsa per l’uomo è quando questa è esaurita.

Cosa possiamo fare?

Possiamo fare qualcosa, in quanto terraristi, per limitare questo fenomeno? In effetti sì. Senza dubbio evitare di comprare esemplari “wild caught”. Pensando alle riproduzioni future, un bel progetto potrebbe essere quello di concentrarsi proprio su una specie di cui ancora vengono effettuate catture in natura. Potrebbe essere arduo, ma di cui si riescono a trovare esemplari nati in cattività. Partendo da una di queste rare coppie, che avremo ricercato pazientemente, potremo immettere nel mercato nuovi esemplari “captive breeding”. Potrebbe essere una soluzione per limitare il depauperamento delle popolazioni naturali. Magari non serve aspettare sempre che venga fatta una legge per questo.

Spesso facciamo delle scelte avventate, non resistiamo alle tentazioni e in fiera incappiamo nei classici incauti acquisiti. Cerchiamo di ponderare di più le nostre scelte, almeno quando si tratta di animali, senza farci consigliare dalla fretta. In fondo, non è l’attesa del piacere essa stessa il piacere?

Molti allevatori sostengono esemplari wild possono avere i loro vantaggi, ad esempio per aumentare la variabilità genetica. Tuttavia capite che il loro prelievo non può essere superiore al loro tasso di riproduzione altrimenti la cosa non è sostenibile.

Se ora tiriamo le somme ci accorgiamo che tutte le problematiche sopra discusse hanno un punto in comune: l’essere umano. Ecco perché parlare di consapevolezza! Rendersi conto di un problema è il primo passo per risolverlo. Perché per ogni singolo punto, noi, nel nostro piccolo, possiamo fare qualcosa per ridurre il nostro impatto sul pianeta e sulle altre specie.

Vi consigliamo la lettura dell’articolo “Aiutare l’erpetofauna“.

Fonti e approfondimenti:

https://www.iucn.org/theme/species/our-work/amphibians
www.iucn.org/content/almost-one-five-reptiles-struggling-survive
http://www.everythingconnects.org/main-types-of-habitat-
loss.htmlhttp://www.nature.com/articles/ncomms14435
https://climate.nasa.gov/vital-signs/global-temperature/
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3434931/#
http://www.amphibianark.org/the-crisis/chytrid
http://amphibiaweb.org/chytrid/Bsal.html
https://m.phys.org/news/2017-03-virus-lethal-amphibians
http://www.bioone.org/doi/abs/10.1641/0006-3568(2005)055%5B0256:CIETIO%5D2.0.CO%3B2



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